La stagione non decolla c’è poco d fare. Il caldo assassino di Luglio mi ha fatto passare la voglia di alta quota.Rimane la possibilità di fare qualche crestina. Optiamo per la normale al Disgrazia, una cima che ho sempre voluto salire.
Mi prendo un Venerdì di ferie per salire la cima lontano dall’affollamento del weekend. Lasciamo la macchina alla bellissima Piana di Preda Rossa (va pagato il pedaggio all’inizio della strada). La strada è sterrata per un breve tratto a causa di una frana; siamo saliti con una Lancia Y senza problemi ma una macchina bassa avrebbe fatto fatica secondo me. In due ore seguendo un bellissimo sentiero arriviamo al Rifugio Ponti (2559m). Siamo 10 persone in tutto, la cena è ottima: ravioli in brodo e cotoletta alla milanese. Dormiamo benissimo visto che la camerata è praticamente vuota. Sveglia alle 4:15, colazione e partenza alle 4:45 verso la cima.
Dal Rifugio ci dirigiamo verso l’evidente morena del Ghiacciaio di Preda Rossa che percorriamo per tutta la sua lunghezza fino ad arrivare ai nevai che precedono il ghiacciaio. Non esiste una direzione obbligata, conviene però mantenersi sulla destra orografica vicino alla fascia rocciosa che delimita il ghiacciaio. Il ghiacciaio è in evidente ritirata, non ci sono tracce di crepacci ma ci leghiamo ugualmente. Affrontiamo il primo ripido tratto con qualche tornante per poi puntare direttamente l’attacco del canalino che consente di salire sulla cresta.
A inizio stagione è possibile arrivare alla sella di Pioda e fare un traverso per tagliare il canale, ma al momento della nostra salita le rocce erano già affiorate. Troviamo neve molle già dal mattino, ci saranno 10 gradi, un vero disastro. In salita il canale non presenta particolari difficoltà, basta gradinare un po' e si sale agevolmente. Ho fatto una breve sosta a metà canale su uno spuntone di roccia giusto per evitare un lungo scivolone.
La cresta di salita inizia proprio al termine del canalino. I passaggi su roccia non sono quasi mai impegnativi, anche se vanno fatti con attenzione vista la costante esposizione verso lo scivolo nord. L’incognita è data dalla presenza e dalle condizioni dei due nevai che si incontrano lungo la cresta. Il primo scivolo è abbastanza ripido ed esposto, noi abbiamo trovato neve marcia anche qui, ma siamo saliti senza problemi.
In presenza di ghiaccio due viti fanno sicuramente comodo per un’eventuale sosta. Il secondo nevaio invece è più breve e non presenta particolari difficoltà. Un terzo nevaio era presente proprio sotto l’anticima. Noi lo abbiamo aggirato sulla destra su facili rocce (i numerosi segni dei ramponi sono una buona indicazione) ma è possibile seguire il filo di cresta su neve per arrivare all’anticima. Da qui con un traverso facile ma molto esposto si arriva al “cavallo di bronzo”, un monolite rosso piazzato proprio in mezzo alla cresta. In realtà non è niente di difficile, basta salire con entrambi i piedi su un appoggio per poi sfruttare con il piede destro una tacca artificiale nella quale fa perfettamente presa la punta del rampone.
Da li in 5 minuti per facili roccette si arriva alla panoramica vetta (4-7h). La cima è piccola e molto aerea, il panorama è semplicemente eccezionale. Qualche foto, un panino veloce e poi iniziamo la discesa. È noto che disarrampicare è più faticoso che arrampicare di conseguenza il tempo di discesa è pressapoco uguale a quello di salita, conviene quindi partire presto per essere fuori dalla cresta il prima possibile per evitare temporali pomeridiani.
La parte più “delicata” in discesa è sicuramente il canale di attacco alla cresta. Esiste un ottimo spuntone sul quale fare passare una fettuccia per un’eventuale doppia. Noi abbiamo deciso di farne a meno e siamo scesi fronte al pendio (sempre con prudenza). Ciliegina sulla torta ci siamo beccati un temporale poco prima dell’arrivo al Rifugio! È una salita di grande soddisfazione, con passaggi mai troppo difficili ma aerei: merita davvero.
In cresta abbiamo proceduto in conserva per evitare qualsiasi rischio anche se molti procedevano slegati. La cresta va percorsa interamente con i ramponi ai piedi e casco in testa, tenendo la piccozza nello spallaccio per affrontare i frequenti tratti innevati.