Un’altra cima che avevo nel mirino. L’avevo vista per la prima volta dalla vetta del Galleggione, isolata e lontana dallo spartiacque, spiccava tra tutte le altre vette della zona. La strada per arrivare alla partenza dell’itinerario è lunga. La più breve passa dal tunnel del San Bernardino, percorre un tratto della Rheinwald e infine risale la Val Ferrera, il tutto in due ore e mezza circa. Lasciamo la macchina in località Cresta e ci incamminiamo lungo l’evidente sentiero.
Dopo un primo strappo, ci addentriamo in una valle al cospetto della parete calcarea dell’Inner Wissberg. Arriviamo al bivio di Buel dove lasciamo i due sentieri diretti a Talifurgga e al laghetto Bandseen e iniziamo a risalire il ripido versante SW in totale assenza di segnalazioni. Dopo questo primo strappo arriviamo ad un’ampia conca detritica dove appaiono dei radi ometti.
A questo punto c’è da affrontare un ripido conoide detritico (quello di destra guardando lo sperone roccioso). Per fortuna la gelata notturna ha cementificato un pò il tutto, altrimenti sarebbe stata dura. Successivamente, con un breve traverso, arriviamo alla base dell’ultimo strappo che conduce in cresta. Anche qui un bel canalone detritico, stavolta molto instabile e quindi più faticoso, anzi direi “delirante”.
In prossimità di una strozzatura del canale, alcuni ometti ci portano sulla sinistra per affrontare un breve ma esposto traverso. Niente di difficile, ma butta un pò in fuori e un errore non avrebbe margini di recupero. Dopodichè una cengia permette di superare sulla destra una parete verticale e di arrivare all’ultimo tratto di arrampicata. Passaggi di secondo grado al massimo, ma sempre esposti e su roccia spesso non buona, da fare con molta attenzione.
Guadagniamo la cresta dalla quale è visibile la nostra meta. Le relazioni consigliano di portarsi all’imbocco del canale sud e risalirlo fino in cima. Detto fatto, imbocchiamo il famoso canale, che risulta essere il peggiore dei tre: un detrito unico, si muove tutto, peggio del Canalone dei Camosci sul Campelli. Mio papà ne ha abbastanza e decide di scendere. Io provo ad andare in vetta.
Affronto una facile peretina tagliando verso destra e quindi per massi sempre instabili guadagno la cupola sommitale. Panorama grandioso, la posizione decentrata di questa montagna lo rende sicuramente il più bello della zona. In vetta trovo un gruppo di Chiavenna che mi consiglia di scendere dalla cresta ovest. Da sotto sembrava quasi inaccessibile ma, grazie a delle cenge mai troppo esposte, il percorso risulta molto più agevole rispetto al canale.
Recupero mio papà, torniamo in cresta e iniziamo la discesa. Scendere senza corda da dove siamo saliti sarebbe troppo pericoloso, meglio scegliere il giro largo che conduce al laghetto di Bandseen. Rimaniamo sul filo di cresta per evitare quello che rimane del ghiacciaio, perdendo quota solo all’ultimo per aggirare il torrione finale. Da qui, sempre per terreno detritico, scendiamo fino al laghetto, seguendo le numerose indicazioni e quindi rientriamo alla macchina.
Itinerario non eccezionale ma la vetta merita. A mio avviso conviene salire dal percorso lungo: la parete più diretta è faticosa e a tratti esposta, sicuramente non escursionistica, richiede molta attenzione e non ne vale la pena. Per salire in vetta è meglio affrontare la cresta ovest, portandosi al colletto che divide il Talihorn dal Platta e seguire gli ometti fino in vetta