Finalmente sul tetto d’Europa, dopo tanti rinvii riusciamo ad organizzare questo viaggio. Siamo io e mio papà, che non molla un colpo nonostante i 71 anni compiuti! Partenza da Malpensa a mezzanotte in un aeroporto deserto. Volo Aeroflot non entusiasmante, aereo vecchio e cibo da dimenticare. Facciamo scalo a Mosca per poi ripartire alla volta di Mineralnye Vody, località termale della Russia europea meridionale. In tutto 5 ore e mezza di volo.
Qui ci attende, con l’immancabile cartello “Focus”, la guida locale: siamo in 12, oltre a noi 4 ragazzi belgi, una coppia di svizzeri e quattro russi. Saliamo su un pulmino, destinazione Terskol, “la Chamonix del Caucaso”.Poco dopo la partenza, posto di blocco antiterrorismo: qui non si scherza! Il viaggio dura 3 ore, riusciamo anche a gustarci un film comico in russo senza sottotitoli.
La Baksan Valley
La Baksan Valley assomiglia molto a una valle alpina, a parte il degrado generalizzato e la costante sensazione di abbandono che avvolge i villaggi. Terskol è più viva e curata ma il paragone con Chamonix fa sorridere. Caratteristiche le tubazioni del gas gialle “a vista” che sembrano dover esplodere da un momento all’altro. Il nostro albergo, nella frazione di Cheget, è moderno e confortevole con Wi-Fi e acqua potabile in camera. Nel villaggio è presente un bel mercatino dove è possibile acquistare dell’artigianato tipico.
Il primo giorno lo dedichiamo all’acclimatamento: in pantaloncini corti saliamo lungo gli impianti verso il Cheget Peak raggiungendo la stazione a monte della seggiovia a 3000m circa. Qui ci fermiamo, non è possibile infatti salire in vetta perchè è troppo vicina al confine Georgiano. Possiamo ammirare però uno splendido panorama sull’Elbrus. Al rientro ci fermiamo a gustare una squisita grigliata di agnello in una locanda caratteristica.
Nel pomeriggio i belgi vanno a noleggiare il materiale per la salita, non hanno quasi nulla! Nel villaggio sono presenti diversi negozi dove poter noleggiare qualsiasi cosa, dagli scarponi ai piumini di alta quota. Se dimenticate qualcosa a casa (io il thermos) non preoccupatevi, potrete noleggiarlo a costi ragionevoli. Il giorno seguente, dopo la consueta zuppa serale, si parte per la montagna. E’ possibile portare una sacca con il materiale oltre lo zaino per la salita.
Saliamo in quota
Trasferimento in pullman fino alla funivia di Azau. Dobbiamo portare su tutto, acqua e viveri compresi. Ci organizziamo con una sorta di catena umana per velocizzare il carico dei materiali nella cabina. L’impianto versa in condizioni preoccupanti, la cabinovia invece sembra appena costruita. Primo tronco fino a 3000m, nuova catena umana, e via verso i 3500m della stazione a monte. Impressionante la roccia nera della montagna che ci ribadisce ancora una volta che stiamo salendo un vulcano.
Altra catena umana e saliamo su una traballante seggiovia monoposto stile Orscellera che ci porta a 3750m circa. Qui ci sono le famose Barrels, dei bivacchi cilindrici con disegnata la bandiera russa. Non è finita qui: gatto delle nevi finale per arrivare ai 3900 dei rifugi del parco nazionale, ovvero una serie di container di cui uno dedicato alla cucina. Spartani ma comodi, dotati anche di corrente elettrica! Il vero dramma è il “bagno”: un gabbiotto in lamiera con un buco ritagliato nel pavimento. Vi lascio immaginare l’odore, ricorda molto quello visto in Uganda al Rwenzori: preparatevi. In generale la montagna è stata devastata, non un grande spettacolo.
Il cibo però è discreto, a parte l’aneto presente in ogni piatto; alla fine della vacanze non ne potrete più. Dopo esserci sistemati facciamo una breve escursione fino a 4100m per aiutare l’acclimatamento. Tutto battuto dai gatti delle nevi che arrivano fino ai 4700m delle Pastukhov Rocks che raggiungiamo nell’escursione del giorno seguente. Uno dei belgi purtroppo sta male ed è costretto a scendere: nonostante tutte le comodità l’alta quota non perdona.
Il terzo giorno riposo assoluto in vista della giornata di vetta. Il tempo sembra non passare mai, ci si perde in letture e musica. Sveglia a mezzanotte e un quarto, colazione all’una e siamo pronti per partire. Abbiamo scelto usare il gatto fino alle Pastukhov Rocks al prezzo di 70€. Di fatto lo usano tutti, non ha molto senso farsi a piedi tutta la pista. Per una salita in accordo con l’etica conviene affrontare il versante nord. Il tempo non è un granchè, cade qualche fiocco di neve ma c’è poco vento.
Attacco alla vetta
Scesi dal gatto si parte subito su pendenze sostenute in direzione del traverso. Teniamo un ottimo ritmo superando molte cordate e la nostra guida Roman si complimenta con noi. Alba infuocata a dir poco spettacolare lungo il traverso, sono questi i momenti che rendono unica l’alta quota! Raggiungiamo la sella a 5300m dove facciamo una lunga sosta. Da qui inizia il tratto più duro verso la vetta. Per fortuna non fa freddo e la giornata è ottima.
Una prima rampa attrezzata con una corda fissa mette a dura prova i polmoni: la quota comincia a farsi sentire. Ci alziamo sempre di più ma la vetta non arriva mai. La cima vera è propria è spostata verso ovest, l’ultimo tratto sembra non finire mai. Eccoci sul tetto d’Europa a 5642m, non c’è una nuvola, un momento bellissimo. Il vulcano è situato oltre la catena del Caucaso, verso nord non ci sono montagne di rilievo, il panorama si perde senza confini in direzione della Russia, emozionante!
Foto di rito e scendiamo: uno dei russi non sta bene, dobbiamo perdere quota velocemente. In un attimo inizia a nevicare, ma la discesa è rapidissima. Alle Pastukhov Rocks riprendiamo il gatto, questa volta gratis. Durante la cena ci congratuliamo con i russi che condividono con noi una bottiglia di vodka. Rispondiamo con il Braulio, una mossa di gran classe che ha riscosso grande successo.