Vogliamo una salita da fare in giornata, senza troppo dislivello, senza troppo avvicinamento, con un bel rifugio in cui sostare brevemente, con una corta ferratina, con un bel ghiacciaio facile e con pochi crepacci, con una cresta classificata PD dotata di fix per la sicura, con un panorama a 360° che vi potete godere dalla cima, allora il Piz Kesch fa per noi.
Allora partenza alle 4,30 da casa. Statale 36 fino a Chiavenna, strada per il Passo del Maloja, Sankt Moritz, poi a La Punt su per Albula Pass, parcheggio ai lati della strada in località La Granda a quota 2256 m. Indicazioni ben in evidenza per la Chamanna d’Es-Cha, quindi via per un bel sentiero che sale dolcemente. Arriviamo in un’ora e mezza alla Chamanna d’Es-Cha posta a 2594 m.
Il rifugio è una bomboniera, bello, accogliente e con una coppia che lo gestisce simpatica e disponibile. Se venite da queste parti vi consiglio di pernottare. Breve sosta con torta al cioccolato per mio padre, alle noci per me, tè caldo al limone e poi via. Il sentiero, molto ben segnalato, sale senza troppi strappi fin sotto la Porta d’Es-Cha, in un ambiente reso ancora più severo dalla splendida luce del giorno e che regala belle inquadrature. Si cammina su sfasciumi, blocchi di granito, traversando su nevai e per un breve camino attrezzato con catene si arriva alla Porta d’Es-Cha a quota 3008 m.
Qui si apre la vista sul Vadrec da Porchabella, sulla nostra cima e sulla sua cresta NE che sarà la nostra via di salita. Scesi sul ghiacciaio indossiamo l’imbrago, calziamo i ramponi, prepariamo la cordata, mettiamo la picozza nello spallaccio e cominciamo a salire con passo ritmato dal rumore delle bacchette che fanno tenuta nella neve compatta. Il ghiacciaio è tutto coperto, bianco della neve caduta di recente e della molta caduta l’inverno scorso. Non ci sono crepacci visibili, per cui procediamo quasi di conserva fin sotto la cresta. Qui incontriamo due cordate di svizzeri ed una di italiani che ci hanno preceduti avendo dormito al rifugio. Breve scambio di saluti e di informazioni sulla salita.
Tolti ramponi, una lingua di neve ci fa salire evitando gli sfasciumi del primo tratto di cresta ed ci fa toccare il bel granito della montagna. Il percorso è facilmente intuibile e si viene aiutati da labili tracce, segni rossi e fix posizionati nei punti più critici. Critici non tanto per la contenuta verticalità ed esposizione, quanto per i blocchi mobili e gli appigli non sempre fissi. Si sale quindi tastando ben bene ed evitando cadute di sassi.
Siamo soli, sotto di noi non c’è nessun, ma stiamo comunque attenti. Lasciato a destra un grosso gendarme, saliamo tenendoci sempre sotto il filo di cresta e per un traverso fin sotto un risalto di circa otto metri che cosituisce la parte più impegnativa ma che possiamo classificare un III-. Infine breve tratto meno ripido con alcuni passaggi su recente e siamo in cima.
Un palo di legno è il solo segnale, assieme alla scatola del libro di vetta, che indica la cima del nostro Piz Kesch. Panorama splendido a trecentosessanta gradi. da E a W si susseguono: Palla Bianca, Ortles, Gran Zebrù, Cevedale con le Tredici Cime, Presanella, Adamello, le Orobie, la corona del Bernina, le vette della Val Masino con il Cengalo ed il Badile in evidenza. Verso N ancora cime e ghiacciai che non siamo riusciti a indentificare.
Lasciamo bandiere di preghiera nepalesi, ricordo del nostro trekking al campo base dell’Everest, mangiamo qualche cosa e poi giù avendo calzato di nuovo i ramponi per fare una migliore presa nei tratti innevati e lavorare di punte contro il granito. Da secondo ho allestito una piccola doppia per scendere dal tratto più difficile (cordino in loco). Bellissima ascensione, molto varia e giusta, almeno per me, nella sua difficoltà. Ti regala quel tanto di adrenalina da lasciarti appagato.