È la cima più alta del gruppo Masino-Bragaglia, poco frequentata — a torto — dall’Italia a causa del notevole dislivello. Ma la sofferenza arricchisce l’esperienza; certe montagne ti lasciano sempre qualcosa in più. Partenza da San Martino sabato mattina, nel pieno dell’ondata di turisti del week end. Più che in montagna sembra di essere in un centro commerciale. Per questo motivo non frequento spesso la Val Masino, troppo casino.
Da San Martino al Rifugio Allievi
Veloce colazione al Kundaluna e poi via lungo la strada che si addentro nella Val di Mello, dove la mandria ha invaso ogni angolo libero del torrente. Il bivio per il Rifugio Allievi segna la fine del turismo di massa, e finalmente si respira atmosfera di montagna. La salita al rifugio è tosta, non molla mai. In discesa si rivelerà quasi straziante. Siamo belli carichi: picozza, ramponi, casco, tenda, materassino, sacco a pelo, indumenti caldi e tutto il resto.
Davvero cordiali e gentili i rifugisti. Non solo ci lasciano campeggiare tranquillamente di fianco al rifugio, ma ci trovano un posto a tavola per colazione e cena. Una cortesia non sempre presente da queste parti. Comoda la fontanella fuori dal rifugio, acqua sempre disponibile. Prima di cena merenda con tagliere di affettati e birra; sofferenza si, ma premiata quando possibile.
Il percorso per la vetta
Notte “torrida“, praticamente in maglietta a 2400m. Anticiclone africano in pieno spolvero, anche quest’anno non siamo riusciti a evitarlo. Colazione alle 5:15 e partenza alle 6. Seguiamo per un breve tratto il sentiero per la Ponti fino a un grosso masso con una scritta “Cima di Castello“: impossibile sbagliare, bisogna puntare il vallone racchiuso tra la Punta Vittoria a sinistra e la Punta Allievi a destra. Tanti ometti e una traccia di sentiero abbastanza evidente ci guidano fino a una prima bastionata rocciosa.
La superiamo facilmente grazie a una cengia. Le cenge saranno il filo conduttore di questa prima parte della salita. Subito dopo una lunga pietraia porta all’attacco del secondo risalto, più impegnativo. Prima un facile canale (I) poi una placca verso destra con una fessura che ne facilita il passaggio. Al termine della fessura continuiamo sempre verso destra per un breve tratto, al termine del quale, si cambia senso di marcia piegando verso sinistra.
Attraversiamo quindi un canale, su alcune placche leggermente esposte. Forse il tratto più impegnativo del nostro sistema di cenge. Ultima paretina (II) e poi, per pietraia arriviamo alla bocchetta quotata 2973m. Da qui possiamo ammirare per la prima volta la nostra meta. Non è affatto vicina, manca ancora tanto. Percorriamo la cresta SW della Cima di Castello — senza perdere quota — fino a un rilievo detritico. Va salito, impossibile scendere in questo punto.
Dalla sommità inizia la discesa verso quel che rimane della Vadrec dal Castel Sud. Qui bisogna fare attenzione. All’andata abbiamo sbagliato, abbassandoci troppo e aggirando un grosso masso. In realtà conviene stare sul filo di cresta per poi passare attraverso una caratteristica finestra tra due rocce. In breve raggiungiamo l’inizio del ghiacciaio. Solo ramponi, niente corda. Non rimane molto, solo una placca ghiacciata, oggi ancora coperta da neve.
A volte bisogna fare delle scelte: oggi ci siamo assunti il rischio di non legarci, e secondo me è stata la scelta migliore. Tutto quel peso in più per pochi metri di un ghiacciaio quasi estinto non avrebbe avuto senso. Aggiriamo la bastionata rocciosa, poi pieghiamo verso destra e di nuovo verso sinistra sempre per facili nevai. Un ultimo pendio finale verso destra ci conduce all’anticima nord. Per raggiungere la vetta vera e propria sfruttiamo una provvidenziale cengia — molto esposta sul versante est — e poi, per facile arrampicata, tocchiamo i 3379m della vetta.
L’eterna discesa verso valle
Panorama grandioso: Il Disgrazia di profilo spunta tra le nuvole, sotto di noi il maestoso Ghiacciaio del Forno, verso sud la Val di Mello 2400m più in basso, verso ovest Il Cengalo e il Badile. Sono questi i momenti che ti ripagano di tutti gli sforzi. Scendiamo, la discesa sarà eterna e durissima. Il sentiero a blocchi dell’Allievi mette a dura prova le gambe.
Arriviamo col buio a San Martino, distrutti ma soddisfatti. È un itinerario che mette a dura prova il fisico ma che regala grandi soddisfazioni. Sono le mie cime preferite: poca frequentazione, itinerario ostico, lunghe distanze e dislivelli importanti. Complimenti a Fabiana per aver portato a casa questa salita, non è da tutti.
Secondo me si può affrontare questa salita in modalità “fast & light“ a fine stagione quando la neve sul ghiacciaio è assente: scarpe da trail, ramponcini e casco sono sufficienti: da provare, magari in giornata.