Una montagna stupenda per una via bellissima, desiderata da tanto tempo e finalmente realizzata: siamo io, Fabiana, Monica e Cristiano. Partenza dal Pian Della Sega al termine della Val Borzago. La strada è tutta asfaltata, si passa agevolmente con qualsiasi tipo di macchina. C’è solo una piccolo avvallamento per il passaggio di un torrente poco prima del parcheggio, ma andando piano si supera agevolmente.
La salita al rifugio
Ci mettiamo in marcia lungo il sentiero immerso nel verde. Caldo e umidità a livelli altissimi, dovevamo partire prima, la vegetazione aumenta di molto l’afa. Il terreno è quello tipico da granito. Gradini dall’inizio alla fine, durissimo. Per fortuna sale diretto, 1168m di dislivello in 4km circa. Modalità scarpette e scarponi appesi sullo zaino, su questo tipo di terreni è la soluzione migliore.
In tre ore arriviamo al Rifugio Carè Alto, dove si ha un vista magnifica sul gruppo delle Dolomiti di Brenta. Merenda con pasta al ragù — squisita — e un meritato riposino per recuperare le forze. Cena anch’essa squisita con minestrone di verdure e brasato con polenta. Le camere sono molto belle, letti e materassi nuovi, si dorme benissimo. Sveglia alle 4:30 e partenza alle 5:20 con le prime luci dell’alba.
La Via Cerana
Seguiamo le indicazioni per la Bocchetta del Cannone. Il sentiero sale diretto con un ottimo rendimento. La cima è proprio davanti a noi, sembra quasi di toccarla. Calziamo i ramponi solo nell’ultimo tratto della Vedretta di Conca per raggiungere l’attacco della via — segnata da un grosso asterisco rosso su un masso — impossibile sbagliare. Per blocchi e facile arrampicata si raggiunge l’attacco vero e proprio della via, dove è presente uno sosta su tre chiodi. Conviene legarsi qui, c'è un comodo terrazzino dove preparare tutto il materiale.
Parte Fabiana lungo la paretina di trenta metri che permette di guadagnare la cresta. Nel frattempo — inspiegabilmente — la cordata che ci precede rinuncia alla salita per un presunto maltempo in arrivo. Doppie improbabili con intreccio di corde ci rallentano non poco. La parete segue inizialmente un’evidente fessura verso sinistra, poi un breve passaggio verso destra per superare un placca. Da qui riprende verticale — chiodi — poi di nuovo verso sinistra su una comoda cengia per aggirare un’ultima placca. Si sbuca a metà tra la sosta con cavo metallico — a destra — e un comodo spuntone sulla sinistra dove abbiamo allestito una sosta.
La parete è facile e divertente — III° grado — su ottima roccia. È possibile integrare le protezioni con friends. Noi lungo tutta la via abbiamo usato friends BD da 2, 1 e 0.75. Recuperiamo la corda e partiamo in conserva corta per la cresta. Si sta sempre sul versante nord per circa un’ora, seguendo i bolli rossi sulle rocce. Terreno mai difficile, con numerosi spuntoni per fare sicure veloci. I bolli rossi conducono a una forcella. Si sarebbe tentati di seguire una cengia sula versante nord, in realtà bisogna stare sul filo. Questa è la famosa “Gobba d’Asino“.
Vado avanti io in punta di piedi, senza procedere a cavalcioni. Sembra non ci sia nulla per i piedi, in realtà ci sono numerose tacche, all’inizio sul versante sud e infine con un passo più lungo sul versante nord. Al termine uno spezzone di corda consente di assicurare il secondo di cordata. La cresta riprende su un terreno simile a quello incontrato nella prima parte. Divertente il “Passo del friend“ su un fessura più tecnica. Raggiungiamo un torrione dal quale è visibile la cima e i baraccamenti della guerra. Noi qui siamo passati sul versante sud su facili roccette, stando a sinistra della cornice di neve. La vetta si raggiunge per una paretina con una bella fessura su roccia molta buona.
Discesa lungo la via normale
Breve sosta in vetta ma ripartiamo veloci, per evitare le nebbie. La fessura va percorsa a ritroso per guadagnare la cresta NNO lungo la quale sale la via normale segnata da bolli e frecce rosse. Terreno facile fino a un passaggio esposto per aggirare uno spigolo. Un cordone e un fix consentono di passare in sicurezza. Superiamo la finestra del bunker e con l’aiuto di una staffa metallica ritorniamo sul versante nord. Da qui ci dobbiamo calare per qualche metro. È possibile anche attraversare la finestra ed evitare la calata. Senza corda proseguiamo fino alla cengia dove si trova l’anello per la doppia di 15/20 metri che ci deposita sul Ghiacciaio di Lares.
Percorriamo il ghiacciaio su neve ormai cotta dal sole in direzione della Sella di Niscli. Tagliamo verso destra prima di raggiungere la sella, incrociando poco dopo il sentiero. Si può accorciare ulteriormente il percorso, scendendo a valle prima del Sass della Stria. Ciliegina sulla torta, un ponte tibetano da superare per tornare al rifugio. Altra merenda rinforzata a base di formaggio fuso, polenta e salsiccia e poi iniziamo la discesa verso valle. Usufruiamo del “servizio navetta per zaini“, ovvero il trasporto a valle con la teleferica. Il servizio è incluso nella mezza pensione, volendo è possibile anche trasportare gli zaini in salita. Salta il concetto di “by fair means“, ma dopo una giornata del genere il senso di colpa viene travolto dal benessere.
Considerazioni finali
Una via stupenda con il giusto ingaggio in un ambiente meraviglioso. Mai troppo difficile ma neanche banale, sicuramente la via migliore per salire questa montagna. Noi avevamo una corda da 50m, l'ideale è averne una da 35. Abbiamo usato tre friends e un cordino, per il resto sempre assicurazioni veloci su spuntoni. Da valutare anche la progressione senza corda sulla cresta per velocizzare il tutto. Noi abbiamo impiegato due ore dalla fine della parete alla vetta. Meglio partire presto, secondo me la partenza ideale è alle 4:30 con il buio, il sentiero è molto evidente. Andateci!