Un grande classica della Grignetta che, per un motivo o per l'altro, non ero mai riuscito a salire. Partiamo dai Resinelli seguendo le indicazioni per la direttissima. Superiamo la scala del Caminetto Pagani, quindi il Canalone Angelina fino a incontrare le indicazioni per la cresta, abbandonando sulla sinistra il Sentiero Giorgio. L’attacco è nei pressi del Colle Valsecchi, ai piedi di un evidente camino.
Relazione della cresta
Le due relazioni che avevamo con noi non erano precisissime, cercherò quindi di spiegarla al meglio. La versione di Lario Rock pareti (Versante Sud) non è male, forse la migliore. Si possono spezzare i tiri come si vuole.
Primo tiro: si sale un’evidente spaccatura, facile e ben appigliata (II) fino a un terrazzino. Il terrazzino è piccolo, in tanti ci si potrebbe incasinare. C‘è un resinato sulla parete opposta dove fare una sosta o assicurarsi. Noi siamo saliti in conserva.
Secondo tiro: primo passaggio ostico, appigliato ma untissimo e leggermente strapiombante, serve un po’ di forza. Poi spiana subito, c’è un fix per recuperare il secondo di cordata o continuare assicurandosi.
Terzo tiro: Si traversa a destra su terreno franoso stando sul lato sud, evitando il filo di cresta che costringerebbe a dei sali e scendi improbabili. Si arriva quindi a una sommità.
Quarto tiro: Dalla sommità, noi siamo scesi disarrampicando dapprima sulla sinistra — faccia a valle — poi traversando a destra fino a un terrazzino con un resinato. Da qui abbiamo scelto di fare una breve doppia per raggiungere il terrazzino sottostante dove sono visibili due grandi bolli bianchi. Col senno di poi è meglio calarsi in doppia direttamente dal primo resinato posto poco sotto la sommità. Per completare la discesa all’intaglio un simpatico traverso esposto in discesa, ma protetto con due resinati.
Quinto tiro: si supera il Vertice Dorn con bell’arrampicata di III. Si scende poi al successivo intaglio
Sesto tiro: superata la spaccatura si segue un evidente fessura canale sulla sinistra, che poi scende leggermente tornando a destra. Da qui si aggira lo spigolo del Torrione Svizzero e si sale una paretina con un evidente fessura più in alto. Arrampicata divertente, massimo III, chiodo e resinato. Si esce poco sotto il vertice del torrione arrivando a una forcella e quindi a un intaglio.
Settimo tiro: qui abbiamo sbagliato di brutto. Ci siamo mantenuti alti in cresta su una cengia, fino ad arrivare a una sosta con due chiodi, due cordini e un anello. Non avevamo altra scelta che calarci con una doppia aerea di 20m fino al vertice del canale sottostante. Davanti a noi un resinato invitava a salire la parete sovrastante. Non sapendo cosa avremmo trovato — la relazione parlava di primi gradi, e li non lo era — siamo scesi lungo il canale con un po’ di ravanaggio fino a riprendere la via. Qui si che era un primo grado. In realtà abbassandosi subito ed evitando di stare alti, si può scendere direttamente nel canale della lingua.
Ottavo tiro: parete appoggiata semplicissima, segnalata da frecce e bolli rossi. La cosa incredibile è che ci sono anche dei bolli di vernice grigia quasi impossibili da vedere. Probabilmente volevano cancellare quelli rossi?
Nono tiro: panoramica traversata in cresta fino a un ennesima discesa. Questa volta si riesce a disarrampicare con facilità. Si arriva quindi alla Dolina della Ghiacciaia. Qui si può abbandonare la cresta e dirigersi verso la Cermenati, oppure salire l’ultima paretina.
Decimo tiro: bella e divertente parete di III, con un primo passaggio atletico poi placca verso sinistra (resinato) e quindi canalino verso destra, verticale ma con grandi mani. Al termine resinato per il recupero del secondo.
Arrivo in vetta: per facili saliscendi si arriva infine nei pressi della catena della Cermenati e quindi in vetta.
Considerazioni finali
Via facile, molto panoramica ma purtroppo parecchio discontinua. La si fa più per l’ambiente che per l’arrampicata in se. Molto noiosi i tratti in discesa, tra sfasciumi e ghiaia instabile. Facendola tutta in conserva si risparmia molto tempo, ma bisogna avere esperienza su questo tipo di terreno e sentirsi sicuri sul terzo grado verticale. La scarpe da avvicinamento sono perfette, più comode delle scarpette da arrampicata e più sensibili di uno scarpone. Orientarsi non è difficile ma come al solito i dubbi vengono sempre. La rifarò in una giornata con tempo migliore.