Finalmente Monte Bianco, dopo un tentativo andato a vuoto qualche anno fa a causa del maltempo. Quella volta io e mio papà avevamo scelto la via dei tre monti, io e Fabiana optiamo invece per la via italiana dal Rifugio Gonella, più lunga ma con meno pericoli oggettivi. Sabato partiamo in direzione della Val Veny in modo da dormire nel nostro Touran appena camperizzato e partire freschi domenica mattina. L’idea è quella di dormire due notti al Gonella in modo da evitare la terribile discesa dalla vetta fino al fondovalle.
C’è un comodo parcheggio poco prima della sbarra proprio sulla riva del torrente. Il parcheggio è vietato ai camper, quelli che ho visto io sono stati tutti multati. Ci svegliamo alle 7 e facciamo colazione con il nostro collaudato “beverone” della Yfood, un pasto completo che per circa 3/4 ore tiene a bada la fame.
Salita al Rifugio Gonella
La prima parte segue la strada fino alla Cabane du Combal. Da qui meglio non salire la morena ma seguire il sentiero basso che la costeggia fino al punto in cui ci si abbassa sul Ghiacciaio del Miage, nei pressi di un monumento dedicato al giovane Jassim Mazouni che perse la vita sul Bianco insieme alla sua guida. La discesa dalla morena è una ravanata. Una volta sul ghiacciaio — completamente coperto da detriti — conviene portarsi al centro e seguire i radi ometti.
Il ghiacciaio è interminabile, soprattutto durante il rientro quando — come sempre — le distanze magicamente si allungano. A circa 2500m — sulla destra — inizia la ripida salita al rifugio, attrezzata con scalette, catene e canaponi. A inizio stagione — soprattutto in discesa — alcuni ripidi nevai potrebbero richiedere l’uso dei ramponi. Meglio usare il casco nel tratto finale visto l’affollamento. Dopo circa sei ore — pause comprese — arriviamo al Rifugio Gonella.
Il Rifugio è stupendo: vista mozzafiato, ambiente accogliente, personale gentile e buon cibo. Unica pecca è il menu: sempre lo stesso ogni giorno! Risotto al formaggio o zuppa, carne con purè e Crème caramel. Tutti a nanna alle 9, la colazione è a mezzanotte.
Salita alla vetta
Dopo la classica colazione dove cerchi di ingerire tutto controvoglia, all’una siamo pronti a partire, già legati e ramponati. Dal rifugio si segue un sentiero a mezzacosta —parzialmente innevato — fino al Ghiacciaio del Dôme. All’inizio lo risaliamo sulla sinistra, saltando qualche grosso crepaccio. A circa metà si incontra una seraccata dove la traccia si perde leggermente. Questo è forse l'unico tratto con pericoli oggettivi della salita, meglio procedere spediti.
Al termine della seraccata — che si aggira prima direttamente poi verso destra —raggiungiamo il plateau sommitale dal quale si vede la rampa che permette di guadagnare la cresta. Pendio sui 45° circa con un tratto ostico con rocce rotte sul finale. Una volta guadagnata la cresta procediamo tra rocce rotte e facili passaggi fino a rimettere i ramponi sulla neve per affrontare la salita al Piton des Italiens. Oggi traccia perfetta senza ghiaccio, tutto molto facile.
Dal Piton des Italiens riprende la salita — più dolce — fino al Dôme du Goûter. Dalla cima perdiamo qualche metro di quota fino a incontrare la via normale francese con i suoi numerosi alpinisti diretti verso la cima. Raggiungiamo la Capanna Vallot dopo uno strappo che toglie il fiato. Entriamo per scaldarci e mangiare qualcosa. La capanna è ben tenuta, sicuramente un riparo fondamentale in caso di brutto tempo. Ti accorgi della difficoltà del Bianco vedendo alcuni volti stremati dalla fatica e diverse persone infreddolite avvolte nelle coperte.
Stiamo bene e siamo determinati a raggiungere la vetta. Usciamo a iniziamo a risalire la Cresta de Bosses, oggi in condizioni perfette. Il freddo e la stanchezza picchiano duri, bisogna lavorare di testa più che di fisico. Dopo sette ore e un quarto siamo sulla vetta più alta delle Alpi! Tempo splendido si vede tutto l’arco alpino, davvero emozionante. Dopo le solite foto di rito iniziamo la lunga discesa. Come al solito è la parte più delicata della giornata dove serve massima concentrazione.
Sulla rampa che da accesso al Ghiacciaio del Dôme cominciano a volare diversi sassi e i crepacci con la luce del sole fanno davvero paura. Corda tesa e buon ritmo, dobbiamo uscire da qui. Alle 13:10 dopo dodici ore di cammino siamo di nuovo al Rifugio Gonella dove possiamo finalmente allentare la tensione. Non ci facciamo mancare un bel piatto di pasta al pomodoro per recuperare le forze.
La lunga discesa
La seconda notte al rifugio si è rivelata provvidenziale. La prima parte della discesa richiede comunque attenzione e la testa e le gambe cotte potrebbero giocare brutti scherzi. Il rientro sul ghiaccio è eterno, la giornata caldissima ci cuoce come un pollo sulla griglia. Arriviamo all’auto con una fame bestiale. Ci concediamo una bella pizza al Ristorante Capitan des Alpes, ma soprattutto una panachè media, il meglio del meglio in questi momenti.
Considerazioni finali
Il Bianco è un'altra cosa rispetto al Monte Rosa, anche se tecnicamente non difficile richiede molta più attenzione e preparazione. Una buona pianificazione è tutto.
Spezzate la salita in tre giorni, scendere a valle il giorno della vetta è straziante
Effettuate la salita a inizio stagione quando il Ghiacciaio del Dôme è ancora in buone condizioni e non affiora ghiaccio in cresta
Il giorno della vetta il tempo deve essere assolutamente stabile: basta una nuvola per cambiare tutti i piani e patire il freddo anche con temperature in quota elevate
Salite leggeri: noi abbiamo usato il cordino statico RAD della Petzl con i ramponi da scialpinismo. Salire leggeri e veloci fa la differenza.
Datevi un tempo limite di otto ore per salire la vetta onde evitare di trovarvi sul Ghiacciaio del Dôme in pieno pomeriggio.
Portatevi un bel piumino caldo per il giorno della vetta anche se le previsioni danno zero termico altissimo.
Secondo me è meglio salire e scendere dallo stesso itinerario. La discesa dai tre monti è più lunga e quella dal Goûter prevede il pericoloso attraversamento del canalone.
Non conviene salire al rifugio con la scarpette mettendo gli scarponi pesanti sullo zaino: tutto il tratto del Miage e la salita finale al rifugio richiedono gli scarponi.