L’ultima montagna valsassinese che mi mancava, molto bella esteticamente dal versante nord, più rotta e discontinua sull'altro anche dopo il crollo che ha cancellato la ferrata e la vecchia via normale. Ora per salire il Pizzo Varrone bisogna affrontare la via del lastrone nord ovest, semplice ma ricca di fascino e in un ambiente severo, lontano dalle folle.
Partenza da Laveggiolo
Lasciamo l’auto al posteggio sterrato sull’ultimo tornante prima del paese e iniziamo l’avvicinamento al Rifugio Falc. Dopo pochi metri un sentiero sulla sinistra consente di fare un taglio per raggiungere l’altro versante senza seguire tutto il percorso della carrareccia. Con altri tagli e per facile sentiero giungiamo al Rifugio Trona Soliva e quindi al Rifugio Falc, dove ci concediamo un piatto di pasta prima di affrontare la via.
La via
Partiamo dal rifugio in direzione della vetta, puntando un evidente pendio detritico rossastro che permette di aggirare la parete nord e raggiungere il versante nord ovest. Non ci sono segni ne tracce di sentiero, bisogna scegliere il percorso migliore. Una volta superata la prima bastionata si trova subito un primo canalino sulla sinistra. Non si vedono ancora i segni bianchi quindi è facile sbagliare. Non è il canale da prendere, quello giusto è quello successivo. Attraversiamo verso ovest per andare a prendere il secondo canale. Da metà del traverso si cominciano a vedere i cerchi bianchi che indicano il percorso giusto.
A questo punto bisogna risalire il canale fino alla fine, su facili passaggi di secondo grado ma con roccia instabile, massima attenzione. Inutile procedere legati. Percorso tutto il canale si arriva all’intaglio della cresta NW che segna l’inizio della via. Sopra di noi l’evidente fessura da percorrere. Poco sotto è presente un anello collegato a un chiodo e uno spit per l’ultima calata. La via parte subito verso sinistra, si intravede una scritta bianca “Al Dente” sotto la quale troviamo un piccolo chiodo dove rinvio.
In realtà è molto meglio partire dal chiodo, per evitare il giro stretto della corda. Dal chiodo si obliqua verso destra seguendo la fessura. Passaggi facili ben appigliati portano a una parte più ripida, prima della quale si trova un chiodo sulla destra con maglia rapida. Non vedendo la sosta mi sono fermato qui, in realtà la sosta (foto) è poco sopra il tratto ripido su una comoda cengia (35m III).
Il secondo tiro, il più impegnativo, segue la fessura che si fa più stretta e leggermente meno appigliata. Bisogna giocare con i pesi e usare gli appoggi laterali evitando di infilarsi al suo interno. Si trova un grosso anello prima del passaggio più impegnativo e subito dopo un chiodo sulla destra. Poi si continua sempre seguendo la fessura fino a sbucare verso destra su un terrazzino molto comodo dove si trova la sosta. In realtà ce ne un'altra alla stessa altezza sulla sinistra, ma meno comoda (30m III+).
L'ultimo tiro è forse il più facile, e continua sempre all’interno della fessura. Prima dell'uscita la tentazione di andare sulla placca appigliata di sinistra è forte, ma meglio seguire la fessura fino alla fine perché il terreno superiore alla placca è pieno di sassi instabili. Su quest'ultimo tiro non abbiamo trovato chiodi, è possibile mettere dei friend (1, 0.75) sulla destra. Ultima sosta sulla croce e siamo in vetta, la sosta di calata è invece posizionata sulla cresta alla fine della via.
Discesa dal Varrone delle Vacche
Una vetta sognata da tempo e finalmente portata a casa. L’ultima cima della Valsassina che mi mancava! Il tempo di scrivere sul libro di vetta e iniziamo la discesa. Convinti di evitare il delirio del canalino alla base della via, decidiamo di scendere passando dal Varrone delle Vacche. Col senno di poi era meglio scendere in doppia lungo la via, scelta confermata dalla rifugista più tardi. Dalla vetta già si vedono verso il basso tre cordoni legati a un grosso masso. Sono l’ancoraggio della doppia che dovremo fare. Per raggiungere il masso conviene rimanere in cresta fin dove è possibile (20m) e poi scendere quasi sulla verticale. Terreno infido ma non estremo.
Allestiamo la calata sul masso. Sotto di noi la fiera della roccia marcia, vola di tutto. Per fortuna sulla sinistra, faccia a valle, la roccia è più solida e la calata evita i sassi mobili. La doppia permette di superare due piccoli salti che sbarrano il canale e ci deposita su un terrazzone detritico. Stiamo recuperando la corda quando notiamo che quest’ultima sta muovendo un grosso sasso sopra di noi. Con molta cura ci spostiamo sulla destra riparandoci sotto una sporgenza della parete. Da qui tiriamo la corda facendo crollare il sasso che per fortuna cade sul fondo del canale, permettendoci poi di non abbandonarla.
A questo punto dobbiamo raggiungere il Varrone delle Vacche. Bisogna attraversare verso sinistra (faccia a valle) una cengia leggermente esposta che porta a un evidente intaglio. Qui le relazioni parlano di un facile sentiero della vecchia via normale, ma noi non vediamo nulla. In realtà bisogna salire arrampicando (II, slegati) per un breve tratto, seguendo poi un breve intaglio verso destra, segnato da una "V" rossa sbiadita. Da qui per cenge erbose con massi instabili attraversiamo in piano il primo tratto del versante ovest, per poi salire verso sinistra puntando alle facili roccette della cresta finale.
Rientro
Finalmente raggiungiamo il Varrone delle Vacche e possiamo fare calare la tensione. Da qui ci abbassiamo alla Bocchetta di Piazzocco e in breve rientriamo al Rifugio Falc. Al Rifugio raccontiamo la nostra esperienza alla rifugista in modo da lasciare qualche indicazione alle prossime cordate. Ci racconta delle vie storiche della zona, aperte da Andrea Savonitto, purtroppo poco ripetute per via del lungo avvicinamento.
Aggiornamento al 11/08/23 ⚠️
La guida alpina Cristian Candiotto ha ripercorso la via dopo di noi rimuovendo molti chiodi giudicati instabili. Rimane il grosso anello prima del tiro chiave, per il resto è tutta da proteggere.