Una delle traversate più belle, faticose e di maggior dislivello della Val Grande: Trontano - Alpe Ragozzale - Alpe Mottac - In la Piana - Alpe Val Gabbio - Alpe Serena - Colma di Premosello - Colloro. Una due giorni con pernottamento al Bivacco Alpe Mottac per un totale di oltre 22 chilometri e 3000 metri di dislivello. Una nuova avventura in compagnia di mio papà, che non si tira mai indietro nonostante l’età. La passione per la montagna è più forte del tempo.
Zaino mediamente pesante con sacco a pelo, materassino, vestiario leggero viste le ottime previsioni meteo, viveri e generi di conforto per due giorni, carta 1:25000, GPS, bussola, smartphone e powerbank, macchina fotografica e tanto senso dell’orientamento.
Partenza da Colloro con passaggio in taxi
Sabato 26 Ottobre lasciamo l’auto al parcheggio di Colloro, una frazione di Premosello e, con un simpatico tassista di Gravedona ingaggiato il giorno precedente, ci facciamo trasportare sopra Trontano fino a quando la strada sterrata che sale al rifugio Parpinasca lo consente. Prevedere circa 70/80€ per il passaggio!
Dalla quota 780m inizia la nostra avventura lungo la sterrata verso il rifugio, il tempo è magnifico, la temperatura è ideale per camminare e la Val Grande ci dà il benvenuto con la sua esplosione di colori. Dopo circa mezzora di cammino, colpo di fortuna: ci viene offerto un passaggio dal rifugista che sta salendo a Parpinasca per l’apertura di fine settimana. Arrivati al rifugio, visto il risparmio di tempo, decidiamo di percorrere il tragitto più lungo che passa per la Scala di Ragozzale anziché per il Passo di Basagrana.
Il sentiero inizia subito abbastanza ripido e incerto, come vuole la Val Grande. Attenzione al bivio non segnato subito dopo il Rifugio. Bisogna abbandonare la traccia verso sinistra diretta al Basagrana e salire direttamente nel bosco. All’Alpe di Pieso altro bivio dubbio: il sentiero piega subito verso destra attraversando una pietraia. Raggiungiamo il Passo di Nava posto a 1742m con uno splendido panorama sui quattromila del Vallese.
Verso Ragozzale
Da qui inizia un lunghissimo traverso lungo il lato SW della selvaggia costiera che precipita sulla sottostante Villadossola. Un continuo saliscendi ci porta all’Alpe Rina — fontana — con il suo bivacco fino alla conca della diroccata Alpe Menta. Qui iniziamo la ripida salita fino alla Scala del Ragozzale con i suoi ampi gradini e il caratteristico intaglio scavati nella roccia per consentire il passaggio del bestiame.
Una breve discesa ci conduce al Bivacco Alpe Ragozzale a quota 1912m da cui si gode una fantastica vista su tutta la parte più selvaggia e recondita della Val Grande. La foschia ci fa intravedere il Lago di Varese, il più vicino Lago Maggiore, e a est la mole del Pedum con la cresta su cui corre il sentiero Bove. Breve pausa poi, ci rimettiamo in marcia sempre con attenzione: una scivolata lungo il fianco ripidissimo della costiera sarebbe molto pericolosa.
L’Alpe Mottac
Breve risalita fino a circa 2050m per poi raggiungere in discesa il bivio che a destra ci porterà all’Alpe Mottac. L’alpe con il suo bivacco “sembra” vicina. Continui saliscendi, frequenti variazioni del terreno, ora prato, ora intricati boschetti di larici, ora sfasciumi e poi blocchi di pietre instabili e infine la stanchezza, ci fanno sospirare la nostra meta.
Finalmente dopo quasi sette ore di cammino, senza incontrare anima viva, arriviamo al bivacco dell’Alpe Mottac posto su una magnifica balconata a 1690m. Con grande sorpresa ci accorgiamo di essere soli per cui stendiamo subito i nostri materassini e i sacchi a pelo nei posti migliori sul tavolato del piano superiore. Accendiamo la stufa per togliere l’umidità e per scaldare le nostre vivande.
Scendiamo una cinquantina di metri per riempire con acqua di fonte le nostre borracce e ci stendiamo all’aperto a godere dell’ultimo sole. Quasi all’imbrunire ci faranno compagnia altri escursionisti con cui passeremo il tempo scambiando quattro chicchere prima del meritato riposo. Ultime foto notturne con le luci del bivacco Bocchetta di Campo a est, la pianura illuminata a sud e, sopra di noi, la Via Lattea. Domani sarà un’altra lunga e dura giornata!
Secondo giorno
Torna l’ora solare per cui possiamo partire presto con la luce in questa tiepida giornata autunnale. Con un sospiro affrontiamo la discesa di oltre settecento metri che ci consegnerà a In la Piana, il cuore della Val Grande. Come sempre dobbiamo fare molta attenzione a non perdere la traccia di sentiero spesso sommersa dalle foglie dei faggi e a non scivolare su questo ripido ed insidioso terreno.
Qualche raro segno rosso e più frequenti ometti ci indicano la via. Superata l’Alpe Monticello e lasciato a sinistra il sentiero che porta alla bocchetta di Vald — percorso già nel Novembre 2014 — arriviamo alla conca de In la Piana a 954m. Notevole l’inversione termica, l’aria è molto più umida e fredda rispetto al pendio. Breve sosta alla sorgente per fare scorta d’acqua e poi via verso la Val Gabbio.
La Val Gabbio
Il sentiero è stato di recente ripristinato e attrezzato con delle catene per attraversare alcuni scivolosissimi canali, per cui è possibile percorrerlo in tranquillità soprattutto nei tratti illuminati dal primo caldo sole autunnale. Foto a tutto spiano per immortalare le infinite variazioni di colore: il verde, il giallo, l’arancione, l’ocra, il marrone delle foglie, il bianco della corteccia delle betulle e lo smeraldo delle pozze d’acqua dell’impetuoso torrente che scorre sotto di noi.
Arriviamo così al ponte che ci consente di attraversare il torrente Val Gabbio e prendere subito il sentiero con indicazione Alpe Serena — Colma di Premosello oltre settecento metri sopra di noi. Il sentiero è reso ostico dall’umidità — è tutto a nord — e da una frana che superiamo con qualche attenzione aggrappandoci agli alberi caduti. La fatica viene ricompensata a quota 1270m alla Colletta, splendida sella fra larici, abeti betulle e faggi. È presente anche un rudere dell’antica stazione della teleferica che consentiva il trasporto del legname a valle.
Qui incontriamo un gruppo di escursionisti lombardi con la loro guida e ne approfittiamo per ascoltare interessanti storie sulla valle. In particolare la guida ci ricorda le origini del detto “mangiare a ufo”, ovvero a sbafo. Sui materiali trasportati a Milano per la costruzione del duomo, veniva infatti applicata la sigla A.U.F. —“Ad usum fabricae” — che garantiva l'esenzione dal pagamento di ogni dazio.
Ancora leggera salita in un bosco di faggi poi la vegetazione cessa mano a mano e ci consente di vedere sopra di noi il bivacco della Colma. Con pazienza e determinazione — la fatica si fa sentire — risaliamo la valle per ripidi tratti aiutati da catene passando per l’Alpe Serena 1343m, La Carbonera 1529m. Con ultimo interminabile strappo guadagniamo la Colma di Premosello a 1728m. Sosta, ristoro e un ultimo sguardo alla valle percorsa e al bivacco dell’alpe Mottac che abbiamo lasciato questa mattina.
Discesa a Colloro
La Valle del Toce ci accoglie con il suo caldo sospiro, e ci invita per il lungo il sentiero che abbiamo già percorso nell’ottobre del 2017 salendo il Proman. Scendiamo rapidamente perché il sentiero è più agevole in quanto fa parte di uno dei tracciati della linea Cadorna ed è quindi ben disegnato e discretamente tenuto. Di nuovo un’infilata di alpeggi: Cortevecchio, la Motta, Agaroli, la Piana, dove a 960m circa inizia la strada forestale che riporta a Colloro.
Una coppia di residenti, dotati di permesso, ci concede un passaggio fino all’auto facendoci risparmiare più di un’ora ad andar bene! Attenzione che dalla diga in poi la strada è interdetta ai veicoli senza permesso, e la forestale è sempre in agguato.
Un trekking emozionante
Cosa dire in conclusione: trekking consigliato, da fare con i colori dell’autunno. Lungo, tanto dislivello e tanta fatica: non solo fisica, ma anche mentale per la continua attenzione da prestare per non perdersi, non scivolare e magari beccarsi una distorsione. Meglio usare gli scarponi, non è un terreno da scarpette. Nota importante: c’è campo all’Alpe Mottac ma solo per i cellulari recenti dotati di potente antenna. Per il resto solo tanta solitudine, ma non è forse per questo che si va in Val Grande?